"La matematica non è un'opinione": quante volte abbiamo sentito pronunciare queste parole che puntualizzano la certezza della "Verità matematica"? Ebbene, in quest'articolo tenteremo di smentire tale espressione, sostenendo - attraverso le riflessioni di Norbert Wiener - che la matematica (così come ogni ambito conoscitivo) sia in realtà un vasto e ben fondato sistema di opinioni e, in quanto tale, modificabile, relativo, discutibile ed opinabile. Ma iniziamo per gradi, introducendo la questione del relativismo wieneriano.
Wiener, padre dell’era dell’informazione e della cibernetica, nel 1914 scrive l’interessante saggio Relativism in cui è possibile cogliere l’aspetto essenziale della sua gnoseologia fallibilista, nonché l’intuizione che tale fallibilità costituisca in realtà il motore attraverso cui spingere ogni conoscenza. Tale linea di pensiero esclude la possibilità di pervenire ad una conoscenza certa ed assoluta in ogni ambito conoscitivo (compreso quello matematico), ma allo stesso tempo include l’applicazione del dubbio metodico senza mai scadere in un puro scetticismo.
Wiener afferma che «in nessun senso dotato di significato noi possiamo asserire l'esistenza di una conoscenza autosufficiente»; per poi giungere alla conclusione: «Ma se nessuna conoscenza è autosufficiente, nulla è assolutamente certo». Il fatto che non vi sia nulla di assolutamente certo, non implica l’impossibilità di una qualche forma di conoscenza: probabilmente si tratta di un nulla relativo, attraverso cui è possibile ammettere l’esistenza di una molteplicità di conoscenze che si pongono in relazioni essenziali. A riguardo ricordiamo che la negazione relativa è una negazione che nega qualcosa e insieme ne afferma un’altra. In tale ambiguità la negazione corrisponde ad una determinazione: ad esempio, negare di essere una persona corrotta è solo un modo per affermare e determinare la propria persona come onesta. A tal proposito Platone aveva osservato nel Sofista: «qualcosa di altro indicano le particelle negative […] preposte ai nomi che le seguono».
In questo modo il nostro autore può scagliarsi contro ogni forma di conoscenza che
pensa di poter rinvenire soluzioni di verità unicamente in sé stessa; così Wiener muove delle critiche a Bergson sostenendo:
«Il relativismo obietta al pragmatismo soltanto la sua pretesa di aver detto l’ultima parola in filosofia: un pragmatismo relativistico è però del tutto possibile. Ma il bergsonismo contiene elementi che sono essenzialmente non-relativistici. Bergson postula abissi che non possono essere colmati tra la durata omogenea e il tempo matematico, tra scopi e meccanismo, tra vita e materia, tra linguaggio e pensiero, tra il pensiero intuitivo, che permette la mutua interpenetrazione di idea con idea, ed il pensiero intellettuale, - il pensiero che tratta con concetti assolutamente rigidi e distinzioni ben definite. […] Ora supporre l’esistenza di distinzioni assolutamente nette va direttamente contro lo spirito del relativismo e, credo, del bergsonismo stesso».
Dunque cosa sono queste distinzioni assolutamente nette se non le definizioni e nozioni stesse con le quali noi stessi tentiamo di categorizzare ed organizzare la Realtà? Di conseguenza siamo costretti a rinunciare alle nostre pretese di dogmatismo o assolutismo razionalistico, in favore dell'incertezza e dell'ignoto, in favore del possibile. Così Wiener aggiunge:
«Bergson crede che le scienze fisiche e la matematica trattino con nozioni che sono assolutamente rigide, […] mondo di puro spazio, pura materia e pure forme, incontaminate da qualsiasi macchia di tempo, o di vita o di “mutua interpenetrazione” di idea con idea. […] Ma noi abbiamo visto che tale mondo non esiste; che la scienza naturale, come ogni altra disciplina intellettuale, deve trattare con concetti imperfettamente definiti, e quindi deve permettere una certa quantità di interpenetrazione di idea con idea. Anche nel caso della matematica, la più astratta e formale di tutte le discipline, noi abbiamo visto che nessun insieme assegnabile di regole sarà mai esaustivo delle condizioni di validità di una singola deduzione; noi abbiamo visto come il reale uso di un simbolismo è condizionato dal nostro pensare secondo lo spirito del simbolismo, il quale non può mai essere adeguatamente ed esaustivamente simbolizzato. No! Il dualismo di Bergson è qualcosa di falso: il pensiero puro formale esiste solo come un fraintendimento della matematica da parte di Bergson e di certi filosofi della matematica formalisti […]. Giacché Bergson considera la matematica e le scienze affini come discipline puramente formali, e le colloca in un mondo solitario, è poi forzato a considerare il regno dell’interpenetrazione mutua dell’idea con l’idea come libero da ogni contaminazione di matematica. […] Questo misticismo è l’esito necessario della credenza nel carattere puramente formale della matematica e della scienza fisica. Ma, dato che noi non crediamo che la matematica e la scienza fisica siano puramente formali, […] non c’è alcuna base per pensare che anch’esse non contribuiscano con la loro parte alla nostra reale intuizione dell’universo. […] Bergson costruisce un mulino a vento, lo chiama scienza fisica, e poi si scaglia da prode contro di esso. Ma è solo perché egli attacca un mulino a vento e non la scienza autentica che risulta infine vittoriosa».
Possiamo cogliere l’originalità del pensiero di Wiener nel momento in cui riflette sul fatto che l’uso di qualsiasi simbolismo richiede dapprima uno “spirito del simbolismo” che non può essere formalizzato, ovvero un insieme di regole che non possono mai essere adeguatamente scritte. Con questa operazione Wiener sta tentando di superare le differenze formulate da Bergson, sostenendo che le scienze matematiche siano un qualcosa di diverso rispetto alla scienza intesa come approdo di certezze. La matematica di Wiener si pone su un piano che è intrinsecamente incerto, su un piano che ha maggiori relazioni con l’arte piuttosto che con il puro formalismo.
Possiamo citare una lettera del futuro poeta americano T.S. Eliot che, soffermandosi in particolare sull’articolo Relativism, aveva colto tutta l’importanza della tesi relativista in ambito gnoseologico; così scriveva a Wiener:
«Naturalmente la metafisica non la si può evitare del tutto, perché è impossibile tracciare una linea netta. […] Ogni prospettiva suggerisce comunque questa raccomandazione: non portare a conclusione nessuna teoria, ed evitare la completa coerenza. Ora, il mondo della scienza naturale può essere insoddisfacente, ma dopotutto è il più soddisfacente che conosciamo.».
Una simile visione gnoseologica è fondamentale poiché esprime una differente prospettiva circa lo statuto epistemologico della logica e in generale della scienza; statuto epistemologico che non potrà più fare a meno di prendere in considerazione la relatività del tempo. Ricordiamo che la logica classica, costituendosi di proposizioni considerate sub specie aeternitatis, conteneva in sé i caratteri dell’atemporalità – o meglio, della sempiternità: la veridicità delle sue proposizioni prescindeva dal tempo e dall’osservatore. Wiener si discosta da questa prospettiva che gli ricorda la scienza platonica; difatti sostiene che nella scienza effettiva gli universali non sono nettamente definiti né immobili, ma al
contrario sono «evoluzione», «funzione matematica», poiché si presentano attraverso vari gradi di vaghezza e di mutabilità. Dunque si tratta di proposizioni che seguono un processo temporale, che possiedono una storia; di conseguenza la loro veridicità sarà relativa e risulterà essere una questione di grado.
Tutto ciò è un'evidente anticipazione di quanto Gödel e Heisenberg postuleranno a proposito della inconoscibilità matematica e fisica dell'universo (rimando ai prossimi articoli l'approfondimento di tali tematiche). Ne consegue che la scienza è astrazione di un modello sulla realtà, di fatto è un costrutto che la stessa mente umana (in continua evoluzione) produce.
Attenzione: prendere coscienza del fatto che l'universo possa essere inconoscibile, non sminuisce affatto la validità del mondo filosofico e scientifico, che costantemente lavora alla ricerca di categorie e modelli sempre più approssimativamente vicini alla realtà fisica. In questo senso diamo ampio spazio e rilievo al positivismo logico, caratterizzato dall’analisi delle scienze naturali e formali e sottolineante il carattere ipotetico e correggibile delle asserzioni scientifiche.
Dunque 2+2 fa 4, ma può fare anche 5, in base alle definizioni ed alle regole che di volta in volta astraiamo... in base ad una mente e ad uno spirito che non possono mai essere completamente ed esaustivamente formalizzati (per nostra fortuna, si intende!).
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